Parliamo spesso di quanto la cybersecurity sia un argomento importante, talmente importante che lo stesso aggettivo sembra sminuirne la portata.
Eppure, come spesso accade rispetto a molte tematiche, la campagna elettorale sembra non aver considerato la grande rilevanza della sicurezza informatica.
Sicurezza informatica che, ricordiamo, rappresenta uno dei grandi perni dei conflitti geopolitici attualmente in corso: abbiamo già approfondito – anche se forse c’è da continuare a ribadirlo in maniera energica – come la guerra di oggi si concretizzi anche a colpi di incursioni digitali (leggi l’approfondimento qui).
Solo nel maggio scorso un report aveva incoronato l’Italia come principale bersaglio di attacchi malware in Europa, e considerazioni come questa hanno fatto un po’ drizzare le orecchie ai partiti, che hanno progressivamente inserito delle proposte all’interno dei propri programmi. Sia Fratelli d’Italia, che il Partito Democratico, la Lega e il M5S menzionano il tema della cybersicurezza, chi andando più in profondità e chi meno, talvolta lasciando spazio solo a dichiarazioni d’intenti, anche se effettivamente dei piccoli passi sono stati fatti. Ma non basta. E oltretutto, poi, questo non si è – o non sembra essersi – concretizzato in sede di reale campagna elettorale. Ed è buffo considerare come uno dei temi più pregnanti della politica internazionale e della sicurezza nazionale non diventi campo di confronto in campagna, in tv e nelle piazze.
Due i motivi che ci vengono in mente: da un lato la complicatezza nell’esporre un tema talmente articolato coi tempi della comunicazione politica (sia offline, sia televisiva, sia in rete), dall’altro, un pubblico italiano non ancora pronto ad affrontare a viso aperto certi argomenti proprio perché considerati di nicchia.
Eppure, le stesse elezioni sono state oggetto di preoccupazione: pochi giorni prima del voto il Consiglio dei Ministri si era riunito proprio per affrontare la problematica, dal momento che si temevano tentativi di incursione e destabilizzazione in sede di voto.
Ai primi di settembre per esempio, i servizi segreti svizzeri pare abbiano informato Palazzo Chigi in merito a un’imminente offensiva che si sarebbe servita proprio di server localizzati nella Confederazione ai danni dell’Italia.
L’obiettivo, solitamente, è disturbare e destabilizzare la situazione istituzionale, bloccare i sistemi, rubare dati, favorire in una certa direzione l’esito del voto.
Come già detto altre volte, la sicurezza informatica non ha interesse solo nell’ambito della politica internazionale, ma si riversa poi nei servizi che utilizziamo come cittadini.
Citando La Repubblica, troviamo negli ultimi riferimenti ad attacchi hacker ai danni di FS, ASL e USL, istituzioni Regionali, ministeri e così via.
Garantire la funzionalità di tutti questi apparati è compito primario delle amministrazioni e della politica: lasciare ai margini questi temi è davvero incomprensibile.
Per non parlare dei danni alle aziende come ERG o San Carlo, colpite negli ultimi mesi.
Non solo funzionalità dei servizi, ma anche risparmio di denaro che, appunto, può riversarsi anche sulla salute dei conti pubblici e sul benestare del tessuto produttivo.
Un rapporto recente del CLUSIT sottolinea i costi incredibilmente alti generati dai danni inflitti dalle incursioni: si parla di ben 6 triliardi di dollari.
Nell’ottica di un continuo accrescersi di questa cifra, e considerato che una legislatura dura 5 anni, immaginiamoci i danni provocati da un immobilismo politico per tutto il perdurare del prossimo lustro. Non possiamo permettercelo.
Ben speranzosi in un cambio di passo da parte di politici ed amministratori di ogni livello, continuiamo comunque sulla nostra strada, che battiamo in nome della cybersicurezza.
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– Il team di SyCon Cyber